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Megamenu

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Calderoli: giudizio immediato. Offese la Kienge

 Roberto Calderoli                             Cécile Kyenge Kashetu
Roberto Calderoli (Lega Nord, vicepresidente del Senato), venne indagato dalla Procura di Bergamo con l’accusa di diffamazione aggravata dall’odio razziale in merito alle parole pronunciate durante un comizio a Treviglio contro il ministro per l’Integrazione, Cècile Kyenge, paragonata a un orango.

Sulla questione intervenne Roberto Maroni, leader del Carroccio e governatore della Lombardia, dicendo che «evidentemente Roma è tornata a minacciare il Nord: basta che uno si metta a criticare ed esprimere le proprie idee che subito arriva il pugno di ferro di Roma, ma noi non ci facciamo spaventare».

Poi, con un inequivocabile «non diciamo stupidaggini!», Maroni replicò a Enrico Letta, che lo aveva definito «correo» con Calderoli per gli insulti ala Kyenge: «Per me la questione è chiusa, Calderoli si è scusato, e Letta farebbe meglio a occuparsi di altre cose» come il caso kazako.

Nel frattempo, veniva condannata ad un anno e un mese di reclusione (pena sospesa) e all’interdizione per 3 anni dai pubblici uffici Dolores Valandro, l’ex consigliere di quartiere leghista di Padova che in un post su Facebook, riferendosi al ministro Cecile Kyenge, aveva scritto «mai nessuno che se la stupri...». Dalla sentenza, letta dal presidente del collegio giudicante del Tribunale di Padova. La Valandro era imputata di istigazione a commettere atti di violenza sessuale per motivi razziali.

Ieri, la procura di Bergamo ha chiesto il giudizio immediato nei confronti di Roberto Calderoli per le frasi pronunciate contro il ministro dell’Integrazione Cècile Kyenge, paragonata a un «orango». L’episodio si era verificato il 12 luglio scorso, durante un comizio dell’esponente della Lega Nord nel corso di una festa del partito a Treviglio, nella Bassa bergamasca.

Calderoli, indagato per diffamazione aggravata dalla discriminazione razziale, nel corso del comizio a Treviglio aveva dichiarato: «Quando vedo la Kyenge non posso non pensare a un orango».

La dichiarazione dell’esponente della Lega Nord aveva fatto il giro del mondo e da più parti era arrivata la richiesta di dimissioni di Calderoli. Appreso di essere indagato, lo scorso luglio l’ex ministro aveva commentato: «È un atto dovuto».

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